Holden Caulfield

Holden Caulfield è un ragazzo. Ma non ha la sua età. Salinger non ce lo dice, ma Holden in realtà ha tutte le età dell’uomo. Ho regalato “Il giovane Holden” a mio figlio il giorno del suo quattordicesimo compleanno col timore che fosse una lettura troppo precoce per lui, pur già maturo e pronto a comprendere i meccanismi dell’esistenza. Lui lo ha letto in un giorno e mezzo. Poi l’ho letto anch’io. Nessun dubbio. Ho fatto bene.
Ne “Il giovane Holden” non succede niente. Proprio così, niente. Quando ho chiesto “ma di che parla Il giovane Holden?” mi è stato risposto “devi leggerlo”.
Holden racconta, parla ininterrottamente, dipinge i tratti del suo viso, i brividi, le lacrime, i conati di vomito. Holden cammina e attraversa un tempo che non si comprende, è tardi, presto, notte, giorno, è tutte le ore, tutte assieme. Dorme e veglia e non si preoccupa del sonno e della veglia altrui. Holden vive. Vive il flusso del suo pensiero vagando, solo apparentemente in reazione a quello che gli è successo. Holden è la summa delle nostre inquietudini. E’ il rifiuto dell’omologazione assieme al desiderio di viverla, è il disprezzo del luogo comune e il cedere alla sua invincibile forza attrattiva, è il vagare alla ricerca del sentire profondo, sino a provare a simularlo per vedere che effetto fa, è restare e poi fuggire, è portare un peso e poi lasciarlo, poi riprenderlo per buttarlo lontano ed accorgersi che è rimasto lì, vicino a dove siamo. Holden è tutto questo. Holden è ciascuno di noi in tutte le nostre età. Ma soprattutto nell’età che stiamo vivendo. Per questo è un libro di formazione. E lo è per tutti. Perché tutti proviamo il distacco e l’appartenenza alla vita che Holden ci racconta. Perché tutti guardiamo alla vita come ad un tapis roulant che scorre senza sosta e sul quale siamo tutti impegnati a tenere il passo. E tutti come Holden ogni tanto vogliamo scendere, perché vogliamo che le nostre gambe si muovano in autonomia, verso la meta che sentiamo dentro. Ma poi alla fine risaliamo. Perché l’alternativa sarebbe l’isolamento, quell’isolamento che Holden ci fa assaporare, fuggendo da un luogo all’altro, rincorrendo una situazione dopo l’altra, per poi fermarsi di fronte alla forza dell’affetto più grande. Una cosa che lo cattura però oltre la sua stessa immaginazione, bruciandone i sogni, polverizzandone le sensazioni, distruggendone gli ideali. Fuggire dall’isolamento certo per guadagnare una realtà collettiva codificata.
Per questo Holden Caulfield rappresenta tutte le nostre inquietudini. Perché la nostra domanda di benessere e realizzazione nella vita deve lottare con una realtà codificata di cui non possiamo fare a meno ma che ci sta terribilmente stretta. E come Holden vorremmo raccontare di noi e di quello che ci succede salvando e continuando a credere nei nostri sogni. Ma ci riusciamo solo di rado.